Come noto la l. 27 settembre 2021, n. 134 (c.d. Riforma Cartabia) ha introdotto, all'art. 344 bis c.p., il nuovo istituto della improcedibilità che, sin da subito, ha dato adito ad importanti dubbi interpretativi. Tra questi, per quanto di nostro interesse, quello relativo ai rapporti tra il nuovo regime dualistico codicistico (prescrizione-improcedibilità) e il regime della prescrizione previsto per gli illeciti dell'ente dall'art. 22 d.lgs. 231/2001. Questo regime, infatti, differisce da quello ordinario previsto per i fatti di reato prevedendo un termine massimo di prescrizione fissato, per tutti gli illeciti degli enti, in cinque anni e, soprattutto, caratterizzandosi per la previsione di una sostanziale imprescrittibilità dell'illecito derivante da reato una volta intervenuta la contestazione (“la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio”).
Con l'entrata in vigore del nuovo istituto dell'improcedibilità si è posto il problema di riaffrontare i rapporti tra prescrizione del reato e prescrizione dell'illecito dell'ente (che, invero, anche già prima della riforma avevano sollevato non pochi dubbi interpretativi).
Sul punto è intervenuta la relazione del Massimario della Suprema Corte evidenziando che “una lettura costituzionalmente orientata potrebbe far propendere per l'estensione della disciplina contenuta all'art. 344 bis c.p.p. Anche alla disciplina dell'illecito da reato degli enti, con la conseguenza che, ove il giudizio non possa essere proseguito, a causa del superamento dei termini di legge, dovrebbe cessare anche il processo a carico dell'ente”.
L’improcedibilita’ dell’azione penale si estende anche all’azione nei confronti degli enti
Pubblicato in Modello 231.